Fonderie Palmieri: un caso di successo

Intervista al presidente di Fonderie Palmieri

Dal 2016 l’azienda toscana è controllata da Frascold spa che ne ha garantito un’importante crescita*

A. Bianchi

Un caso importante e recente di acquisizione di una fonderia da parte di un grande gruppo è quello di Fonderie Palmieri che, da alcuni anni, fa parte di Frascold Spa, gruppo milanese terzo produttore di compressori semi-ermetici al mondo, con filiali in Cina, India e Stati Uniti e una rete di distribuzione che copre 86 stati.

Dapprima cliente, il gruppo Frascold è diventato successivamente socio di Fonderie Palmieri tramite la sua finanziaria, per poi aggiungere anche una partecipazione diretta.

“In Fonderia” ha raggiunto il presidente di Fonderie Palmieri, Giorgio Locatelli, che ci ha raccontato come è cambiata l’azienda dopo l’acquisizione.

Perché il gruppo Frascold ha scelto di comprare Fonderie Palmieri?

Da diversi anni Fonderie Palmieri era un importante fornitore del gruppo. Già nel 2011 la famiglia Fraschini, proprietaria di Frascold, aveva acquisito con la propria società immobiliare una partecipazione del 40%, che gli era stata ceduta da Duccio Conforti.
Quest’ultimo a inizio 2016 ha deciso di cedere anche le sue restanti quote e, a quel punto, Frascold ha ritenuto di entrare in forma diretta in Fonderie Palmieri, acquisendo il 55% delle quote. Questo significa controllare la quasi totalità del pacchetto azionario.

La scelta è stata fatta principalmente perché attraverso il pacchetto di maggioranza ci si è potuti garantire sul fronte delle forniture. Per Frascold il prodotto di Fonderie Palmieri è strategico, perché pochissime fonderie sono in grado di fare corpi cilindro per compressori con la qualità che il gruppo richiede.

Senza Palmieri ci saremmo dovuti rivolgere a una fonderia in Germania, su cui ci appoggiamo comunque per altre forniture, con tutte le conseguenze di dover cambiare un meccanismo ormai rodato. Diciamo che la scelta è stata dettata principalmente dalla necessità di garantirci la qualità dei prodotti di un fornitore consolidato: se la fonderia fosse stata venduta ad altri investitori o magari a un’altra fonderia, questi avrebbero potuto fare scelte diverse e magari decidere di produrre altri componenti, lasciandoci senza fornitore.

Come sta andando questa avventura?

Abbiamo intravisto fin da subito opportunità in termini di prospettive future. In questi anni abbiamo aumentato in maniera consistente la capacità produttiva e caratterizzato più fortemente la specializzazione.

Quando siamo arrivati noi Palmieri era una fonderia generalista e, anche se Frascold come cliente aveva e continua ad avere una presenza modesta (circa il 20% della produzione), abbiamo supportato fin da subito la fonderia nel processo della sua caratterizzazione. Per conseguire margini bisogna farsi riconoscere dal cliente: se quest’ultimo trova soltanto da un fornitore e non da altri il prodotto che gli serve, allora il fornitore può vendere il suo prodotto a un giusto prezzo. I risultati di questo processo sono davvero interessanti infatti, da metà 2016 a oggi, abbiamo aumentato il fatturato quasi del 50% e abbiamo raddoppiato il rapporto dell’Ebitda sul fatturato. Abbiamo anche lavorato sul conto economico: se prima si faceva fatica a spesare le quote di ammortamento ridotte, oggi invece lavoriamo con un coefficiente di ammortamento ai massimi consentiti. Da uno studio comparato con altre fonderie ci risulta che siamo a livelli molto alti di redditività, con un Ebitda che si colloca attorno al 14%, La policy aziendale è fortemente orientata alla profittabilità gestionale e i nostri obiettivi per il futuro sono ambiziosi.

Il 2018 è stato un anno in chiaroscuro per le fonderie, con un ultimo quadrimestre complicato. Voi avete proseguito il vostro percorso di crescita?

Sì, il 2018 è comunque stato un anno di crescita come i precedenti e anche il 2019 continua con lo stesso trend positivo: nel primo bimestre siamo cresciuti del 19% e successivamente ci siamo assestati su una media del 15%. È importante sottolineare che la crescita del fatturato non deriva esclusivamente dalla crescita dei volumi prodotti bensì da una politica rivolta alla ricerca di una marginalità sicura, che permetta all’azienda di continuare il processo di crescita e sviluppo. Se dovessimo fare una valutazione, a oggi possiamo ritenerci molto soddisfatti.

Come siete riusciti a intraprendere un percorso di crescita così significativo?

Questi risultati sono frutto della sempre crescente caratterizzazione e dei continui investimenti in ricerca e sviluppo: negli ultimi anni abbiamo destinato a quest’area diversi milioni di euro. Stiamo brevettando due leghe e facciamo molta attività di ricerca, concentrando i nostri sforzi in settori ad alto tasso di innovazione: siamo convinti che questo sia un ottimo investimento per nostro futuro. Abbiamo inoltre provveduto ad ammodernare i nostri impianti, sfruttando tutta la tecnologia che oggi abbiamo a disposizione: nel 2017 abbiamo introdotto – primi al mondo – un sistema di colata completamente automatico che garantisce estrema sicurezza e raggiunge altissimi livelli di precisione, aumentando anche resa delle singole staffe.

Anche tutte le aree a lato del core business (come produzione di anime, sbavatura, sabbiatura, trattamenti…) sono state oggetto di rinnovamento e sviluppo grazie all’inserimento di robotica e automazione, incrementando la produttività.

L’avvento dell’industria 4.0 ci ha consentito di implementare molteplici sistemi di monitoraggio e controllo atti a garantire l’intero controllo del processo produttivo in ogni singola fase. Tutto questo è stato svolto con estrema attenzione alle tematiche ambientali: abbiamo infatti installato sistemi di controllo continuo delle emissioni e impianti di nebulizzazione per il contenimento delle polveri e delle emissioni odorigene.

Stiamo inoltre ultimando un importante lavoro per il monitoraggio energetico, con l’ambizioso progetto di arrivare alla certificazione UNI 50001 entro l’estate del prossimo anno.
Abbiamo infine acquisito dei nuovi spazi per lo stoccaggio dei prodotti e delle attrezzature, che ci consentono una maggiore autonomia e miglior linearità dei processi.

Possiamo quindi affermare che le fonderie oggi possono essere un settore interessante per potenziali investitori?

È difficile dire se un settore in generale può essere più o meno appetibile, ma se restringiamo il campo ad alcune fonderie la risposta è sicuramente sì.

Le fonderie italiane sanno tutte lavorare bene, ma è certo che quelle che riescono a soddisfare un cliente che non trova altrove i prodotti di cui ha bisogno hanno una marcia in più. Per questo credo sia strategico insistere sulla caratterizzazione, andando a servire settori che in prospettiva saranno in crescita e dove magari oggi la competizione è meno serrata, perché non sono generalisti. La nostra scelta di concentrarci su determinati settori committenti è stata pianificata conducendo studi per capire la capacità di crescita di questi settori, la loro esigenza di avere getti di qualità elevata e di beneficiare di un servizio pre e post vendita che altre fonderie in questo momento non hanno la possibilità di fornire.

*Articolo pubblicato sulla rivista In Fonderia del marzo 2019

Fondata nel 1968, Fonderie Palmieri SpA è situata nel comune di Calenzano, in provincia di Firenze, dove dispone di uno stabilimento di circa 20.000 metri quadrati all’interno del quale lavorano quasi 150 persone. Con una produzione (nel 2018) di ghisa di 14.000 tonnellate lorde annue e un fatturato di circa 22 milioni di euro, Fonderie Palmieri realizza getti in ghisa per diversi settori industriali, fra cui macchine per movimento acqua e fluidi, edilizia, macchine per movimento terra, mezzi di trasporto pesanti, industria ferroviaria, compressori.

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